febbraio 18, 2011

JUDAS PRIEST - Ram it Down (1988)






1. Ram it Down
2. Heavy Metal
3. Love Zone
4. Come and Get It
6. Blood Red Skies
7. I'm a Rocker
8. Johnny B. Goode
9. Love you to Death




Ormai sulla scena da una quindicina d'anni i Judas arrivano con questo Ram it Down all' undicesimo album. In questi anni Halford e soci godono di un periodo d'oro. Dopo aver sfornato capolavori dell' heavy metal del calibro di British Steel, Screaming for Vengeance, Defenders of the Faith, ecc...che li hanno portati a suonare dovunque in tutto il mondo, nell' 88 danno alle stampe il loro nuovo (capo)lavoro.

La prima traccia, la titletrack, non lascia dubbi: si parte in quarta con un acuto di Halford a cui segue un tagliente riff che più metal non si può, per poi continuare nel classico stile a cui ci hanno sempre abituato. Possiamo notare subito la differenza di produzione con i precedenti lavori, molto curata ed efficace, mette più in risalto i suoni della batteria che rendono il tutto molto più quadrato e roccioso del solito, caratteristica che si confermerà definitivamente nell' album seguente. Si continua sulla stessa scia con la successiva Heavy Metal, in cui troviamo effetti che rendono l' ascolto sempre più metallizzato, un aspetto che vale più o meno per tutto l' album. Con Love Zone e Come and Get It i nostri alzano un po' il piede dall' accelleratore per darci in ogni caso due pezzi sempre in pieno stile Judas Priest. Ma è con la successiva Hard as Iron che si ritorna alla carica: parte un riff spettacolare sorretto dalla doppia cassa martellante di Holland per uno dei pezzi migliori del disco e che anticipa gli stilemi di Painkiller. Segue Blood Red Skies, canzone assolutamente particolare per i canoni del gruppo che introduce elementi di ''epicità'' che caratterizzano più gli ultimi lavori del combo. Si continua con I'm a Rocker in cui si nota il primo calo di tensione dall' inizio dell' ascolto, seguito dalla cover di Chuck Berry, Johnny B. Goode, che risolleva un po' gli animi perchè ben riuscita, benchè un po' fuori contesto. Segue il secondo piccolo calo del disco, Love You to Death, canzone dall' andamento poco incisivo e che stanca un po', ma poco male, perchè la suddetta sta per lasciare spazio a quello che è uno dei pezzi più belli ed epici mai scritti dai Judas Priest, la conclusiva Monsters of Rock: una cavalcata di 5 minuti e mezzo, dall' andamento solenne e allo stesso tempo monolitico, che mette in chiaro chi sono effettivamente i veri ''mostri'' del rock. Un album, questo, che fa percepire l' eccellente stato di salute della band, tanto che a questo seguirà il lavoro considerato da molti il picco massimo della loro già nutrita discografia, Painkiller, disco che influenzerà pesantemente tutto il mondo del metal e che consacrerà i Judas Priest come veri leader della scena Heavy.


2 commenti: