giugno 30, 2011
5 pezzi facili
Hugh Masekela - Kaa ye oya (Introducing Hezdoleh Soundz, 1973)
Cassiber - Six rays (Beauty and the Beast, 1984)
Tom Zè - Ma (Estudiando o Samba, 1975)
Annexus Quam - Osmose II (Osmose, 1970)
David Bromberg Band - Midnight on the water (Midnight on the Water, 1975)
giugno 26, 2011
Folk Bottom vol.2 - Femmes Fatales
Nel caleidoscopico mondo musicale a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e l'inizio dei Settanta, caratterizzato da novità sonore sempre più affascinanti e sorte sullo sfondo di un clima di contro-cultura giovanile pieno di freschezza creativa tanto nel continente europeo che quello americano, non poteva certo mancare il sorgere libero, autonomo e puro delle voci femminili. Sempre più frequentemente nascevano infatti formazioni d'ambito rock che delegavano alla donna e non all'uomo il difficile compito d'incantare gli spettatori con il potere lirico della voce...racchiuso in un accurato rapporto tra testo e musica...o volante verso possibilità espressive e timbriche svincolate da più consuete e canoniche forme cantate. Basti pensare all'intesità performativa della coppia Slick-Joplin nella baia di S.Francisco, o di voci potenti ed incisive come quelle di Renate Knaup(Amon Duul II) e Dagmar Krause (Slapp Happy e Henry Cow) nell'underground europeo. Ma di certo di "femmes fatales" ve ne furono tante, che, più affermate o misconosiute, riuscirono comunque a incidere in maniera decisiva sul sound particolare delle loro band d'appartenenza. Tra i sentieri del folk-psichedelico, o vuoi più evasivo e sognante, volendo tralasciare le voci che ricamavano con dolcezza o maggiore pathos composizioni mirabili, nate però dal frutto maturo di una più ampia collaborazione all'interno del gruppo, si distinsero progetti solistici fantastici, che ascoltati ancora dopo quasi quaranta anni, non vedono perduti per nulla non solo la loro unicità, ma anche la loro attualità, dovuta ad una perenne influenza esercitata sulle nuove generazioni. Nel clima del "folk revival" inglese degli anni Sessanta, Shirley Collins prima, Anne Brigs e Maddy Prior poi, furono le interpreti principali del recupero di un repertorio musicale legato alla "terra madre" delle culture contadine; recupero tanto più importante in un paese come la Gran Bretagna che vide nella sua storia un' industralizzazione precoce. Fu però la magica voce di Sandy Denny a scaturire una compiuta rinascenza del folk britannico. Tuttavia, nonostante il suo talento divino, la voce storica dei Fairport Convention non visse mai una esistenza felice e la sua arte fu incompresa da critica e pubblico al pari di altri "geni" del tempo (Nick Drake e Tim Buckley su tutti). La sua musica alterna momenti elegiaci e spenseriati, sullo sfondo però di una maledetta "nostalgia", base fatale del suo continuo abuso di alcool e di droghe che la porteranno inevitabilemente ad una morte giovane, avvolta però nel mistero e nella leggenda. I suoi lavori sono tutti godibilissimi; su tutti l'omonimo Sandy del 1972 che contiene la celestiale versione della tradizionale The Quiet Joys Of Brotherhood, ma da non trascurare neanche le collaborazioni con gli Strawbs e il progetto Fotheringway. D'origini inglesi è anche Vashty Bunyan che plasmò lo spirito luminoso insito in Just Another Diamond Day del 1970. Con precoci doti pittoriche e musicali Vashty, come tanti cantanti dell'epoca, scoprì la musica di Dylan in un viaggio a New York e al suo ritorno entrò nell'orbita della comune fondata da Donovan dove scrisse il materiale del disco e conobbe il celebre produttore Joe Boyd (Incredible String Band, Fairport Convention, Nick Drake, Dr.Strangely Strange etc). Delusa dalla debole accoglienza ricevuta dal disco, la Bunyan si ritirerà subito dalle scene per tornarci soltanto nel 2005 con un ennesima buona prova solista (Lookaftering) e con una collaborazione con i "folk-tronici" Animal Collective (Prospect Hummer). L'altra grande protagonista del folk-visionario britannico sarà la poco conosciuta Bridget St.John, apprezzata per i toni intimistici e introspettivi di Ask Me No Question del 1969 e Songs For The Gentle Man del 1971. Anche la Francia d'altronde, al pari della Gran Bretagna, visse un'intensa stagione di revival-folk, soprattutto rispolverando le sue radici più celtiche e medievali, come testimoniarono formazioni quali Malicorne e Lyonesse. Mentre Alan Stivell riportava in auge l'arpa celtica e Veronique Chalot rivisitava efficacemente temi popolari dell'intero folklore francese, vi erano tuttavia due vere "outsiders", due donne davvero fuori dal comune che ben rappresentarono i vertici di un originale e suggestivo folk-d'avanguardia. Catherine Ribeiro e Brigitte Fontaine veicolarono al meglio l'immagine ideale di cantautrice-poetessa-attrice "fatale" con una musica dai toni cupi e onirici e aperta a differenze influenze. La produzione discografica della Fontaine fu tuttavia legata piuttosto a quella della musica leggera francese che allora celebrava le gesta del "bohemienne" ribelle Gainsbourg.
Tuttavia Brigitte fu responsabile del capolavoro Comme à la radio del 1970, con l'incredibile supporto dell' Art Ensemble Of Chicago; un disco denso, complesso, dove gli elementi folk si fondono con jazz, sapori esotici e lirico-onirici, secondo una poetica più vicina allo spiritualismo etnico di Don Cherry che alla facile amorevolezza della "chanson" francese. Un medesimo coefficiente di oniricità-ancestrale lo troviamo nelle salmodianti doti recitative della Ribeiro, supportate dalla bravura strumentale del gruppo degli Alpes, per un risultato di drammatico folk-rock-progressivo. Dopotutto gli orizzonti sonori della Ribeiro erano gli stessi che Nico, dall'altra parte dell'oceano, e reduce dall'esperienza Velvet Underground, stava sondando con il costante aiuto agli arrangiamenti di John Cale; sodalizio che vide forse, con Desertshore del 1970, la massima felicità visionaria. Caso isolato quello di Nico negli Stati Uniti, se si pensa che le grandi voci femminili, per quanto incantevoli, rispondevano ai nomi di Mimi Farina, Joan Baez, Judi Collins, Carole King o Laura Nyro, volte su un versante più convenzionale o comunque lontani da presupposti più esplorativi. Diversa però fu la natura sognatrice di Joni Mitchell, emergente soprattutto nel magnifico Blue del 1971, come anche quella di Linda Perhacs nell'unico, ma notevole e allucinato album Parallelograms del 1970. Joni, canadese di nascita ma californiana d'adozione, rimane comunque tra le interpreti più raffinate del suo tempo con la sua indimenticabile performance al Festival dell'isola di Wight del 1970 dove coinvolse il pubblico con la celebre Woostock e Big Yellow Taxi, entrambe incluse nell'album Ladies Of The Canyon del 1970.La Mitchell continuerà il suo discorso emozionale per tutti i Settanta fino ad orientarsi, a partire da Mingus del 1979, anche verso un jazz morbido di grande qualità. Ed anche in Brasile non mancarono "femme fatales"... una di queste fu Joice che nel 1972 realizzò un omonimo album con Nelson Angelo, (reduce dai Clube Da Esquina di Lo Borges e Milton Nascimento), che dimostrò come il "tropicalismo" nient'altro fu che sogno, inconscio, amore e mistica fantasia di una nuova stagione culturale la cui importanza non tramonterà mai.
Discografia
Shirley Collins & Albion Country Band / No Rose 1971
Sandy Denny
Vashti Bunyan
Just Another Diamond Day 1970
Bridget St. John
Brigitte Fontaine
Comme à la radio 1970
Catherine Ribeiro & Alpes
Nico
Joni Mitchell
Linda Perhacs
Parellelograms 1970
Nelson Angelo & Joice
Nelson Angelo & Joice 1972
giugno 25, 2011
Forever Alone
Haunt the House
Gameplay: circa 20 minuti
Pro: Divertente, ricercato, per tutta la famiglia
Contro: Breve (ma intenso)
Controlli: Freccette e barra spaziatrice.
Usa il fantasmino del cazzo per possedere gli oggetti della casa e liberati di tutti i visitatori!
Cazzeggia!
giugno 23, 2011
BLACK SABBATH - Paranoid (1970)
giugno 19, 2011
House of Usher - On The Very Verge
Un basso, una batteria, due chitarre e qualcuno che grida al microfono, niente stronzate. Niente suoni artificiali e produzioni superpompate che sembrano come le tette al silicone, tutte uguali e finte.
Nel 1990 a Eskiltuna (Svezia) il bassista, il batterista, i due chitarristi e colui che grida al microfono si riuniscono sotto il nome di House of Usher, che deriva dal magnifico racconto The Fall of the House of Usher di Edgar Allan Poe.
Ne vien fuori un Ep di sole due tracce, On the Very Verge, pubblicato nel 1992 dalla misconosciuta etichetta italiana Obscure Plasma, che può vantare tra le sue uscite Live in Leipzig dei Mayhem e che nel 1994 si trasformò nella ben più nota Avantgarde Music (che annovera nel suo roster nomi di culto come Behemoth, Carpathian Forest, Katatonia, Kvist, This Empty Flow e Solefald).
Tracklist:
1 - Revengeance 6:35
2 - Rather Black 4:58
Revengeance e Rather Black sono due brani molto dinamici e ritmicamente vari, che nella loro struttura presentano mid-tempos e accelerazioni, il loro stile si avvicina più alla tradizione d'oltreoceano che alla scena death scandinava, eccezion fatta per la seconda parte di Revengeance. I riff sono dissonanti e di chiara impronta thrash/death (Rather Black in apertura richiama i Sepultura), il cantato è un classico growl alla Death prima maniera. Nessun sperimentalismo o esibizione virtuosistica, un lavoro di qualità con pochi fronzoli, death metal alla vecchia maniera. E basta.
I quattro svedesi purtroppo non avranno la stessa fortuna della loro casa discografica, dopo due demo autoprodotti il gruppo si scioglierà, ma non a tutti andrà male, il chitarrista Martin Larsson entrerà negli At The Gates, nome di spicco della scena death mondiale.
giugno 17, 2011
Sans toit ni loi, un film di Agnes Varda
Alla voce Agnes Varda potrebbero seguire le seguenti definizioni: regista belga, regista minore formatasi all’ombra della nuova onda francese, regista sottovalutata. Il suo film più noto è il quinto lungometraggio, Sans toit ni loi (senza tetto né legge), che racconta la storia di Mona Bergeron, ragazza emarginata che rifiuta la società con tutte le sue convenzioni preferendo una vita amorale, una vita on the road.
Una ragazza vagabonda muore di freddo: è un fatto da inverno. È stata una morte naturale? È una domanda da gendarmi. Cosa si poteva afferrare di lei e come hanno reagito quelli che hanno incrociato il suo cammino? È il soggetto del mio film.
Avventure e solitudine di una giovane vagabonda (né freddolosa, né loquace) raccontate da chi ha incrociato la sua strada, quell’inverno, nel Meridione. Ma è possibile raccontare il silenzio o afferrare la libertà? -– sostiene Varda.
Una carrellata di personaggi ordinari e strambi ricostruiscono le ultime settimane di vita della girovaga: il rozzo e invertito meccanico “sporco nella testa”, la badante desiderosa d’affetto da parte del suo ragazzotto ladruncolo, l’amante squinternato rockettaro, l’avido nipote della ricca e pignola vecchia, il pastore filosofo e profeta, la disponibile e materna docente di agraria, il contadino tunisino generoso e la banda di drogati vagabondi della stazione. Tra indifferenza, paura, ma anche simpatia, compassione e amore - memorabile l’inquadratura del contadino tunisino che annusa la sciarpa indossata da Mona inspirando un effluvio di passione - la scapestrata ragazza, stremata, inciamperà in un fossato e incontrerà la sua spregevole fine in una gelida notte invernale.
Varda ci invita, senza patetismi e con distacco, alla riflessione: riflettere sulla società chiusa sotto un tetto, convenzionale, borghese, perbenista, razzista che non accetta gli emarginati e si costituisce escludendoli; ma d’altro canto vi è una dura riflessione che si protrae anche sulla disperata ricerca di libertà che può rivelarsi rischiosa e illusoria, condannando alla solitudine, alla perdizione e anche alla morte.
Film crudo, dallo stile minimale e asciutto che ricorda il debutto del giovane turco François Truffaut - non vi è solo un filo puramente cinefilo che lega la regista alla nouvelle vague, ma c’è anche un fil sentimental con il regista francese Jacuqes Demy, compagno di vita a cui dedicherà anche un film (Garage Demy); vi è un forte legame viscerale al quale non può sottrarsi. Mona, interpretata magistralmente da Sandrine Bonnaire (interpretazione che le valse il César per migliore attrice nell’86), sembra essere l’alter ego del piccolo Antoine Doinel. Il volto pallido e sozzo, le lacrime richiamano lo sguardo smarrito e in bianco e nero del ragazzino in fuga dal riformatorio, celebrato con un fermo immagine da antologia del cinema. Se il padre della nouvelle vague non avesse dato seguito a Les quatre cents coups, con la romantica saga Doinel (da Baci rubati a L’amore fugge), Senza tetto né legge avrebbe potuto essere il seguito drammatico per il povero Antoine.
Ma perché ha abbandonato tutto? - Meglio la strada e lo champagne - risponde beffarda Mona alla studiosa di platani, che tanto s’affeziona alla ragazza, in preda al riaffiorare energico di un passato affogato lungo la strada prestabilita della sua vita sterile. Ma il ghigno e l’irriverenza si dissolvono nel disperato pianto e tornano alla mente le sagge parole del pastore filosofo - un conto è errare, un conto è aberrare.
Pellicola sincera a metà strada tra finzione e documentario capace di emozionare platea e giuria al festival di Venezia dell’85, e meritato arrivò il Leone d’oro. Credo che Senza tetto né legge sia un film riuscito. E lo dico senza falsa modestia, perché dopo trent’anni che faccio cinema trovo sia il film in cui è meglio realizzata la mia idea di un cinema di fiction su base documentaria –- sostenne Agnes.
Fiction su base documentaria che sarà la principale influenza per certo cinema futuro, proprio belga, come quello dei fratelli Dardenne (Rosetta, L’enfant, Le silence de Lorna), capaci di farci sussultare con le loro vivide immagini calate nella drammaticità della realtà. Realismo, Varda docet.
giugno 16, 2011
5 pezzi facili
Norma Loy - Romance (Romance, 1983)
Alchemist - Solarburn (Austral Alien, 2003)
Aksak Maboul - Modern lesson (Un Peu De L'Ame Des Bandits, 1980)
Nino Ferrer - Cannabis (Métronomie, 1971)
Boduf Songs - Decapitation blues (This Alone Above All Else In Spite Of Everything, 2010)
giugno 15, 2011
Neckar - Demo I
Tracklist:
1- Rhem Mountains
2- Robot Trees
3- In the Cave...
4- Abandoned Village
giugno 14, 2011
Half Life 2
giugno 12, 2011
Liturgy - Renihilation
giugno 09, 2011
5 pezzi facili
Fausto Rossi - Blues (Exit, 1997)
Khanate - Skin coat (Khanate, 2001)
Soap&Skin - Cynthia (Lovetune for Vacuum, 2009)
Molested - Following the growls (Blod-Draum, 1995)
Silver Apples - Oscillations (Silver Apples, 1968)
giugno 08, 2011
Murgia Music Festival
Ricordiamo che sono aperte le iscrizioni per il contest del Murgia Music Festival
Per votare: http://www.murgiamusicfestival.it/festival-in-puglia-vota-le-band.html
giugno 06, 2011
Folk Bottom vol.1 - 10 capolavori del folk-psichedelico europeo
L’idea di Folk Bottom è quella di una rubrica interamente dedicata al folk-psichedelico, ed in generale ad un folk piu’ strettamente sperimentale ed impegnato, lontano dalla classica forma delle ballate di stampo americano, e piuttosto volto ad ampliare le sue possibilità espressive sia estendendosi nel tempo che abbracciando le innumerevoli sfumature sonore di contesti culturali diversificati. Un folk di spirito romantico, visionario e fiabesco, che abbraccia una poetica volta ad identificarsi con le impressioni della natura, di cui riproduce suoni ed effetti, ora pacati e sereni, ora onirici, ora aleatori e chiaroscurali. Con “folk” potremmo intendere allora un elemento minimo di tradizione sonora e con “psichedelico”, non tanto o non solo i richiami con il rock-psichedelico, ma soprattutto il concetto di “apertura”, di qualcosa che innesta su quell’elemento di partenza tutta una serie d’influenze sonore appartenenti ad aree geografiche di tutto il mondo. Musica celtica, ritmi africani, misticismo orientale, blues, country, calore latino, tradizione classica e quant’altro…possono fondersi con il jazz , il rock e l'elettronica producendo di volta in volta ibridi affascinanti, ora complessi, ora semplificati ma di formula efficace. Folk Bottom appunto…il fondo del folk…da intendere quasi o anche come la fine del folk…o meglio immaginare qualcosa che va ben oltre il folk come potremmo essere abituati a pensarlo. Quello del folk-psichedelico fu una poetica che interessò soprattutto gli anni Sessanta e Settanta ma non mancano oggi validi esempi di fusione che testimoniano il voler comunque rifarsi a certi valori, che, in una società sempre più globalizzata e industrializzata, vogliono piuttosto ricondurre alla pace e al profumo della madre-terra. L’idea è dunque di creare un ponte di ricerca tra passato e presente, cercando di far sempre fronte ad una concezione ampia di folk…testimone soprattutto di una giocosità creativa e di una lucida osmosi tra ragione e follia, chiaramente difficile da spiegare con il solo potere della parola. In questo primo appuntamento si passano perciò in rapida rassegna 10 lavori che con merito possono essere valutati tra i massimi capolavori del folk-psichedelico europeo nella sua stagione d’oro. Nei lontani anni Sessanta quella suggestiva poetica musicale s’insinuò soprattutto nell’amore trionfante di tante comuni hippie e forse è proprio all’interno di una sentita necessità di creatività collettiva che vanno individuate le sperimentazioni più incredibili e coinvolgenti, misteriosi sbocchi musicali di concezioni di vita alternativa.
Una sorta di manifesto assoluto di visionarismo potrebbe essere quello di cui erano affetti Robin Williamson e Mike Heron della scozzese Incredible String Band. Tutta la purezza della loro genialità è racchiusa nell’album The Hangman's Beautiful Daughter del 1967. Il loro mondo fiabesco è abitato da minotauri, rivestito da giardini incantati, e musicato da una miriade di strumenti di gusto esotico…e la luce del sole è l’unica guida della loro avventura esistenziale, come ben si evince dal cantato insistito nella lunga A Very Cellular Song, uno dei massimi vertici dell’arte freak dell’epoca. Vicino alla Incredibe String Band sono le atmosfere che sprigionano dall’Irlanda i Dr.Strangely Strange, specialmente con l’album Kip Of The Serenes del 1969. Sempre in terra anglosassone si distinse la cooperativa artistica della Pricipal Edwards Magic Theatre, con una proposta intrigante a cavallo tra teatro, circo, danza e folk “progressivo” di ricamata fattura, esemplare in Soundtrack del 1969, che include la bellissima Sacrifice. Del 1971 è invece l’immenso First Utterance dei Comus, artefici di un' immagine di folk d’avanguardia assolutamente personale e mai ripreso da nessun altra formazione; un’immagine fatta di momenti di delicato lirismo, animata da tribalismo percussivo e tradizione folklorica nord-europea. I passaggi di rara bellezza sono nella lunga suite The Herald di 12 minuti…e nelle sfrenate danze di Diana, Drip Drip e Song To Comus. Nel circuito “underground” londinese fu davvero atipico anche il progetto della “banda del terzo orecchio”, ovvero della Third Ear Band, volto a un recupero innovativo delle sonorità medio-orientali (persiane in primis) all’interno di un quadro dove gli elementi da musica da camera sono ormai distensioni ipnotiche e intrecci psichedelici infiniti. L’omonimo album del 1970, anche conosciuto come quello dei 4 elementi empedocliani (Air, Water, Fire, Earth) è forse l’esperimento più maturo, dove appare chiaro che il recupero di certe sonorità lontane non è superficiale, ma che la sua piena comprensione è tale da far nascere "tappeti" radicalmente nuovi per l’ascoltatore. Altro polo di sperimentazione privilegiata fu la Germania dove nel 1972 uscì il bellissimo primo album degli Hoelderlin. Reqiem für einen Wicht e Traum sono le perle di questo Holderlins Traum, capolavoro del folk teutonico e figlio di un’autenticità artistica ineguagliabile, dove il flauto, il violino, e l’angelica voce femminile sono i tramiti trascendentali preferenziali. Altro disco importante del circuito tedesco fu l’omonimo dei Broselmaschine dell’anno precedente, frutto della fantasia del pluristrumentista Peter Bursch. Mentre dalla prima costola degli Amon Duul fu prodotto il flusso chitarristico di Paradieswärts Düül, con la lunga e meditativa Love Is Peace di 17 minuti…preludio vitale di un viaggio imperdibile. Ed infine la coppia teutonica piu’ bizzarra ed influente del tempo… Il duo celebre Witthuser & Westrupp responsabili delle mirabili intuizioni raccolte in Trips Und Traume del 1971. Il brano Laßt uns auf die Reise gehn sarà interpretato anche negli anni ’90 dal duo (sempre tedesco) Fit & Limo…mentre le esplorazioni in Trippo Nova, Orienta e Karlchen rappresentano l’apice del loro immaginario spirituale. Dunque tanto era già stato detto nel’arco di pochi anni…ma un altro personaggio geniale doveva ancora arrivare…il suo nome era Simon Jeffes e questo arrivò nel 1976 inaugurando con l’emblematico Music From The Penguin Cafe la stagione felice dell’indimenticabile Penguin Cafe Orchestra, pioniera di tante fusion “world” future che saranno, a confronto, prive di mordente.
Discografia
Comus / First Utterance 1971
Dr.Strangely Strange / Kip Of The Serenes 1969
Principal Edwards Magic Theatre / Soundtrack 1969
Third Ear Band / Third Ear Band 1970
Hoelderlin / Holderlins Traum 1972
Broselmaschine / Broselmaschine 1971