aprile 28, 2011

Meteore: il breve respiro di un fissascarpe



Band: Eternal

Disco: Breathe

Etichetta: Sarah Records

Anno: 1990





Solo duemila copie stampate dalla leggendaria Sarah Records nel lontano giugno del 1990 per Breathe, unico singolo degli Eternal. L’etichetta di Bristol debuttava tre anni prima lanciando il singolo Pristine Christine dei The Sea Urchins, e s’inoltrava sino a metà anni novanta portando alla ribalta band storiche, made in UK, del calibro di The Field Mice, Secret Shine e The Wake. Per la band del Berkshire composta da Christian Savill alla voce e chitarra, Stuart Wilkinson al basso, Michael Warner alla batteria vi fu un’unica apparizione dal vivo, condividendo il palco con i nascenti e promettenti Chapterhouse e Slowdive, a suggellare la loro fulminea ma importante esperienza musicale. Il leader Savill, qualche mese più tardi, risponderà alla richiesta di un chitarrista proprio da parte di Neil Halstead e Rachel Goswell, così abbandonerà gli Eternal e la band non avrà seguito. Il risultato di questo gioiellino non si discosta molto dalle atmosfere lente e sognanti della storica band di Reading (Slowdive, naturalmente): tre brani di pregevole fattura tra sussurri dreamy e sprazzi di tenue shoegaze. L’iniziale Sleep è madida di malinconia: semplici accordi di chitarra vengono soffocati dalla voce rantolante e acquiescente, poi la testa cala sul pavimento, il piede preme sulla pedaliera e si viene abbacinati da riverberi Souvlakiani (non a caso il brano sarà riproposto tra i demo e gli outtake del secondo album targato Slowdive). Breathe parte con una chitarra serrata, ma sempre intrisa di languore, che ricorda vagamente Heroes di Bowie, ma qui non ci sono eroi, nemmeno per un giorno, ma solo eterni teenager dai caschetti desolati, volti pallidi, occhi bassi e cuori fragili sotto lo scrosciare di una violenta tempesta, scatenata dalle cinque corde metalliche, foriera di un finale strappalacrime (timidi na-na-na uh-uh-uh sussurrati sul tappeto fragoroso di chitarra). La conclusiva Take me down s’avvolge in un riff oscuro e caliginoso (dei Jesus And Mary Chain pesantemente narcotizzati) e assistiamo impotenti alla smaterializzazione degli strumenti e la voce, sempre più sommessa, confusa, lentamente si dissolve.


1. Sleep

2. Breathe

3. Take me down

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