Hadestown, uscito nel 2010, è la folk-opera concepita dalla cantautrice del Vermont Anais Mitchell e realizzata, sulla base delle sue canzoni, con gli arrangiamenti di Michael Chorney, che ha collaborato anche alle musiche.
L'intero album è ascoltabile su Youtube e facilmente scaricabile. A
questo indirizzo si possono reperire tutte le informazioni su di esso e sui precedenti lavori di Anais Mitchell nonchè apprezzare l'artwork di Peter Nevins. L'opera si può seguire
qui con un vero e proprio libretto,
completo di testi e riassunto della storia.
Nonostante venga definito dalla stessa autrice una folk-opera,nel disco trovano spazio gli stili musicali più diversi, a cui Mitchell e Chorney attingono molto liberamente per rendere vivida l'impressione di ogni scena e rinnovare uno dei miti più ricorrenti della musica, Orfeo e Euridice.
Il carattere folk è invece forte sia nella scelta di un mito greco,decisamente rurale,
sia in alcuni brani e nella centralità della chitarra acustica.
Figlia di un professore di lettere nonchè romanziere, Anais Mitchell fin dalla prima infanzia ha avuto contatti con i libri, specie con quelli di mitologia greca, e quest'influenza, unita al forte contatto con la terra (è nata e cresciuta in una fattoria senza televisore) e con una collezione di dischi psichedelici ha fatto maturare in lei l'idea della folk-opera.
Per aiutarla nel suo intento si sono offerti molti amici musicisti del Vermont, come Ani di Franco (cantante e chitarrista che ha scoperto Anais Mitchell mettendola sotto contratto
per la sua RighteousBabe) nel ruolo di Persephone, Greg Brown (un cantautore a metà strada tra un Dylan più ironico e un Tom Waits con meno raucedine noto anche per aver firmato alcuni brani dei Cake) in quello di Hades, Justin Vernon ( in arte Bon Iver, delicata voce cantautoriale rivelatasi nel 2008 con For Emma Forever Ago) nella parte di Orpheus, Ben Knox Miller
(del giovane gruppo country Low Anthem) come Hermes, il trio vocele The Haden Triplets a dar voce alle Fates e lo stesso Chorney nel ruolo di arrangiatore/orchestratore.
Nonostante l'intento ambizioso, il lavoro è riuscito in maniera stupefacente.
La straordinaria umanità dell'album trova la sua strada in canali musicali diversissimi, accomunati dalla forma di canzone e con arrangiamenti vari e complessi ma sempre musicali, mai furbi e neanche cervellotici o sovrabbondanti.
Molto interessante l'uso della batteria, spesso simile a quello nella musica "classica" contemporanea (ovviamente non nell'accezione di Allevi) con accenti e figure obbligate scritte a sostituire un pedante accompagnamento ormai abusato nel "rock".
Il tutto è incredibilmente curato senza per questo essere meno emozionante.
Nei brani, ovviamente di matrice folk, confluiscono ibridi fugaci, con accordi indiani dosati come spezie potentissime, accelerate drum & bass e filtri elettronici che coesistono perfettamente senza che nulla suoni assemblato, ma sia invece parte di un'unica visione multiprospettica.
Merito degli arrangiamenti di Chorney, ma soprattutto delle splendide canzoni di Mitchell che essi decorano senza sopraffare. I grandi artisti coinvolti sono poi ben più che meri interpreti.
L'ambientazione scelta per il mito è la Grande Depressione, cioè l'America degli anni '30, straordinariamente attuale, sia nel ritorno alla crisi economica che in quello a un folk primigenio.
L'apertura fa subito respirare l'aria delle verdi colline,con chitarra, contrabbasso, batteria spazzolata, violini e tremuli accordi lontani ad introdurre su un tempo sostenuto ma allo stesso ampio il duetto tra Anais Mitchell e Bon Iver, Eurydice e Orpheus prossimi alle nozze, poveri ma fiduciosi nella generosità della natura. Sullo stesso stile campestre, ma con l'aggiunta del pianoforte e su un tempo molto più disteso, 'Epic part One' compie le sue sognanti rivoluzioni malinconiche prima di fermarsi con l'arrivo di Hermes, che, tra latrati di cani e un'armonica da strada, trascina l'ascoltatore giù verso l'inferno con un uno scalmanato ballo jazz anni '20, in cui divampano cori e una tromba con sordina. Altrettanto innovativa per il mito e evidente metafora della società è la concezione del luogo infernale. Hadestown si presenta come un posto che promette infinite ricchezze attirando a se' i vivi che soffrono la povertà. Ma si rivela ben presto un regno di miseria e privo di libertà i cui sudditi,quasi lobotomizzati, non si rendono conto di ciò che contribuiscono attivamente a far esistere. Si difende dal "nemico" esterno, altri uomini in cerca di lavoro, erigendo muri e incitando al contrasto, alla freddezza e all'avidità. Dalla spettacolare opulenza infernale resta colpita Eurydice, preoccupata della povertà, mentre resta scettico Orpheus. La seduzione di Hades in persona si insinua però a passo di pizzicato con un valzer per accordion e soprattutto uno strepitoso Greg Brown, che utilizza le sue corde più basse
per scendere nell'Ade e calarsi nel personaggio del re dei morti, e Eurydice cede ('Gone, I'm Gone', un sofferto salto nel vuoto reso in musica). Le Fates giustificano la sua scelta con When The Chips Are Down, che parte africana evolvendosi sugli impulsi del basso in una danza latineggiante, mentre Orpheus si protende verso Eurydice con Wait For me, con tapes e figure di pianoforte perfettamente incastonati. E' l'intro per
'Why do we build the wall ?' , che cresce mattone su mattone salendo in alto con un ritornello sempre più lungo fino alla coda di accordion dolorosa e poi ipnotica. Nel brano, pietra angolare dell'album e forse suo vertice compositivo, Hades istruisce i suoi seguaci chiedendo loro conto della lezione, fino a ripeterla soddisfatto con essi. Sua moglie Persephone è invece introdotta su un sinuoso blues-jazz tra incitamenti e cori,chitarre e vibrafoni perfettamente a loro agio. Sembra di entrare in un club, in cui Persephone come Hades fa le sue proposte infernali ad avventori estasiati seducendoli con la sua voce irresistibile, mentre gli archi spaziano da melodie d'epoca a più moderne e sincopate fratture jazz. 'Flowers' è una canzone successiva al suicido, Eurydice ha tutto il tempo del mondo per spiegare la sua scelta e pentirsene. Nonostante gli ammonimenti delle Fates un Orpheus totalmente fuori di se' eppure calmo come se sognasse decide di inseguire la sua sposa non avendo più nulla da perdere. Il suo canto smuove il cuore di Persephone, ma Hades non vuole provare pietà, conscio della potenza devastante della musica(
"the kingdom will fall for a song").
Il canto di Orpheus continua sempre più bello e Hades, colpito suo malgrado, resta solo nei suoi dubbi.Tra campane tubolari, tintinnii sotterraneie gelidi accordion matura la sua perfida concessione ai due amanti, certo che, da conoscitore di tutti gli uomini,"Doubt Comes In".
Nello psichedelico brano omonimo, con la batteria monotona a scandire i passi del lungo scuro cammino verso la luce del ritorno alla vita,sembra davvero di trovarsi in caverne gocciolanti, in cui riecheggiano cieche note di archi fino all'irreparabile errore, una luce accecante e stridente di tutti gli strumenti.
Dal silenzio la musica ricomincia solo con la chitarra e le voci di Ani di Franco e Anais Mitchell.
E' il saluto finale, "I raise my cup to him", un brindisi agrodolce intonato dall'inferno alla memoria di Orpheus, e forse anche a quella di tutti i musicisti e di coloro che "cantano" nelle situazioni più difficili. La dedica di Persephone e Eurydice si estende poi verso la sterminata umanità protagonista dell'opera con i suoi archetipi, chiudendo il disco con"goodnight,brothers,goodnight".